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Avere accesso ai dati non è sufficiente, è importante interpretare i dati e conoscere a fondo le insidie che si nascondono dietro le cifre anonime. È possibile generare traffico qualificato verso un sito web, basta sapere come e farlo per bene.
Lo sviluppo della tecnologia ha reso possibile qualcosa su cui si punta da sempre ma che fino a qualche decennio fa, semplicemente, non era possibile: conservare i dati personali degli utenti per creare profili realistici su cui fare previsioni e adattare le offerte. Oggi i server sono in grado di raccogliere ed elaborare quantità di dati un tempo impensabili. Si ragiona in termini di Exabyte, 1000 byte alla sesta potenza. E non certo sono sufficienti solo poche decine di EB per determinare la mole di dati scambiati attualmente su scala mondiale attraverso i diversi sistemi connessi alla rete.
Hai presente quando si brucia l’HD con le foto del secolo scorso, scannerizzate a mano una per una? Bazzecole. I dati non si sono solo moltiplicati all’inverosimile, si sono raffinati i sistemi di misurazione, le metriche di valutazione delle analogie e la possibilità di ricavare stime precise e in grado di fare predizioni sul comportamento futuro di un determinato utente. Per questo è chiaro agli operatori del settore quanto sia importante avere accesso ai dati relativi al proprio settore commerciale. E quanto sia altrettanto cruciale sapere come leggerli e adattarli alle proprie esigenze. Oggi che il polverone intorno al caso Cambridge Analytica sembra essersi calmato, non è ancora rientrato lo stato d’allerta da parte degli attori coinvolti in questa faccenda. E il giro di vite da parte della commissione europea in materia di protezione dei dati personali aggiunge altri elementi da tenere in considerazione quando arriva il momento di tirare le somme e decidere da che parte stare.
L’importanza di avere accesso ai dati del proprio settore è un tema noto e caro a chiunque operi nel settore commerciale. Compreso chi lavora in condizione di monopolio.
Ci sono alcune regole di marketing che sono valide, sempre e in ogni luogo. Definire il proprio settore commerciale, identificare il pubblico potenziale cui rivolgersi e renderlo edotto della nostra intenzione di proporre il prodotto sul mercato costituiscono le fondamenta da cui partire.
Detto questo, le variabili che si possono adottare per rendere realtà questi semplici assiomi sono pressoché infinite e sensibili all’intercessione delle innovazioni tecnologiche. Specie chi decide di usare la rete internet per accedere a una sacca di clientela ancora non raggiunta con altri sistemi analogici, deve comprendere l’importanza di raffinare e selezionare il pubblico a cui rivolgersi in modo da incontrare chi, potenzialmente, rappresenta un buon pubblico per i nostri prodotti/servizi.
Imparare le tecniche di profilazione della propria clientela e del proprio pubblico di riferimento è un passaggio importante per completare la transizione verso la digitalizzazione delle tecniche di marketing. Non tutti gli utenti del nostro bacino di riferimento possono essere presenti su internet, o raggiungibili attraverso questo canale. Ma buona parte degli utenti che giornalmente usano la rete per avere accesso a informazioni, effettuare acquisti e comparare proposte, potrebbe entrare a far parte del nostro portafoglio di clienti.
Si fa sempre più corteggiata l’idea di trovare il modo di individuare il tipo di persona cui proporre i nostri prodotti o servizi con la certezza di centrare il bersaglio.
Faccio un esempio, per rimanere in tema di banali luoghi comuni, da brava femmina ho gusti difficili. Estremamente, difficili. Ma ho bisogno di una borsa per portare a spasso il mio (assolutamente non) portatile. E le altre mille cose che devono entrare in una borsa da donna, incluse creme, chiavi, cellulare, chincaglierie, centesimi, cambi e calze antiscivolo per i pargoli. Ma non la trovo. Ho finito l’internet e non sono riuscita a trovare quello che cerco, che possa piacere a me. Probabilmente non esiste e se in sala è presente un addetto del settore ho una proposta da fargli. Ma io suppongo che in realtà sia stata io a non aver valutato tutte le soluzioni. Ecco, a fronte della mia ricerca, gradirei che l’algoritmo di AdSense prendesse provvedimenti in proposito senza limitarsi a farmi rivedere per l’ennesima volta la soluzione che ho scartato. Ma sono disposta a condividere con il suddetto algoritmo informazioni intime, sulle idee in tema di politica, etica, morale? Forse per la borsa giusta, sì.
La tendenza del momento prevede l’urgenza di segmentare il proprio bacino di utenza non soltanto grazie a informazioni demografiche, età, sesso, provenienza, ma anche in base ai propri gusti, desideri, credenze e opinioni. La psicografica è la nuova frontiera che permette di identificare i settori della popolazione in base al proprio carattere e alle attitudini psicologiche. Ed è quella che promette, non sappiamo ancora con certezza se sia in grado di farlo, di saper usare le parole adatte a persuadere un utente verso un comportamento d’acquisto, che si tratti di un prodotto, servizio o un candidato premier.
È lecito farlo? È una strategia commerciale a buon rendere? Il rischio è di essere buttati fuori e bannati, ma solo se non si ha una grande potenza di fuoco. È il caso delle recenti vicissitudini di Facebook che, con Cambridge Analytica ha messo a nudo la nostra esposizione alla manipolazione e interpretazione di dati personali e, spesso, intimi. L’artiglieria messa in campo dai due colossi è notevole: per la prima i dati abbiamo accettato di produrli da quando ci siamo decisi a servirci della piattaforma, per la seconda non c’è che aspettare che si scoperchi un altro caso simile per renderci conto che i broker di dati non sono poi così rari.
Intanto l’Europa ha varato il tanto atteso GDPR. Da maggio 2018 è attivo il nuovo regolamento sulla protezione dei dati personali che impone maggiore trasparenza e tracciabilità dei dati che le compagnie acquisiscono e rivendono, spesso in tempo reale, per profilare le campagne pubblicitarie su misura.